Il blog è stato più o meno volutamente trascurato nell'ultimo anno, del resto il tempo da me trascorso nel Lazio, o in Italia, a partire dalla data dell'ultimo post è stato estremamente scarso...
Ciononostante, il materiale da pubblicare continua ad accumularsi piano piano nelle mie cartelle e nei miei dischi rigidi esterni, sebbene l'ultimo anno sia stato un turbinio di avventure che mi hanno portato dai deserti cileni agli altipiani boliviani, dalla mia amata seconda patria porteña alle spiagge brasiliane, dall'inaspettata bella sorpresa lettone al misterioso, desertico ma economicamente ristagnante e politicamente asfissiante mondo uzbeko... Fino alla mia posizione attuale, in contemplazione del Golfo di Finlandia e dei suoi boschi da dietro la finestra, in prima fila sul lungomare boscoso, di un albergo di lusso che rende più soavi le mie lunghe giornate lavorative nel Grande Nord...
La vita sedentaria non è mai stata pane per i miei denti, meglio una corsa a testa bassa (pur sempre con un casco in testa però) per le strade più luride e polverose di questo mondo che una vita basata su falsi valori e trascorsa a crogiolarsi nell'ignoranza e nella futilità...
A spasso nel Lazio
Nel Lazio esiste una moltitudine di borghi, paesi e siti di interesse naturale poco battuti dai classici itinerari turistici, ma non per questo meno interessanti... Si tratta di luoghi facilmente visitabili in uno, al massimo due giorni, pertanto questo blog potrebbe costituire un'occasione per un ulteriore arricchimento informativo e, perché no, una fonte di spunti per gite e/o uscite alla scoperta del nostro inestimabile patrimonio.
lunedì 17 ottobre 2011
venerdì 22 ottobre 2010
Manziana, ovvero, arriva l’autunno e si va tutti a castagne
Che fare in un bellissimo pomeriggio domenicale di Ottobre, quando le giornate sono ancora tiepide e soleggiate e gli amici fremono per godersi un bel pomeriggio costruttivo, ridanciano e diverso dal solito? La risposta è ovvia… Cos’altro se non una bella uscita per boschi, magari volta a fare incetta di qualche goduriosa bontà offertaci a volontà dalla Pachamama in questi mesi autunnali! Detto, fatto… La meta prescelta questa volta è Manziana, piccolo borgo a Nord di Roma circondato da boschi bellissimi e maestosi, che anticamente ricoprivano i Monti Sabatini e della Tolfa, estendendosi fino al Mar Tirreno (la Sylva Mantiana). Attualmente i boschi ricoprono una superficie di circa 600 ettari e ospitano un'interessantissima varietà di flora (fra cui querce, castagni, aceri selvatici, nespoli, carpini, betulle, felci e piante tipiche del sottobosco) e fauna (cinghiali, volpi, faine, scoiattoli, istrici, tassi, donnole, beccacce, upupe, ghiandaie, rapaci, picchi ecc.). L’intera zona, come del resto gran parte del Lazio, è di origine vulcanica, pertanto a Manziana è possibile osservare interessanti fenomeni post-vulcanici, quali polle di acqua calda, emissioni di gas sulfurei e solfatare. Fra tutti, la più famosa è sicuramente la Caldara (Monumento naturale dal 1988), che presenta emissioni freatiche di acque sulfuree aventi una temperatura di fino a 20° C ed è circondata da giunchi. La caldara occupa una depressione circolare, probabilmente un piccolo cratere, testimonianza attuale della antica presenza del Vulcano Sabatino che 600.000 anni fa occupava tutta la fossa tettonica compresa fra i dei Monti della Tolfa ed il Monte Soratte. La vegetazione della Caldara è principalmente costituita da macchia mediterranea e da querceti decidui. Tuttavia nella parte più esterna del bordo del cratere su un terreno argilloso è presente un boschetto di betulle bianche (Betula pendula).
La presenza di questa specie, tipica dei territori nordici con clima freddo, risulta assai particolare a queste latitudini ed a soli 250 m di altitudine. Sulla origine di questo boschetto ci sono almeno due ipotesi: la prima è che le condizioni locali della caldara con il suo acquitrino, hanno creato un micro-clima favorevole alla sopravvivenza della betulla, residuo di un periodo post-glaciazione. Una seconda ipotesi è che il boschetto sia di origine artificiale, piantato nella zona nei secoli scorsi, e sopravvissuto grazie alle condizioni climatiche locali. La caldara di Manziana compare anche in un film del 1983 intitolato “Amore tossico”, che racconta la storia di un gruppetto di eroinomani ostiensi (un film un po' pesantino, ma se vi piace il genere è una specie di cult).
Poiché nessuno di noi era mai andato a castagne da quelle parti prima d’ora, abbiamo dovuto provare vari posti prima di trovare effettivamente dei castagni, per fortuna un signore del posto, proprietario di un maneggio in Via degli Scopeti, è venuto in nostro soccorso permettendoci non solo di parcheggiare le auto dentro il suo maneggio (dove siamo stati conquistati dalla simpatia dell'asinello Gaetano),
ma indicandoci anche qualche punto dove avremmo trovato dei castagni. I suoi consigli sono stati utilissimi, ci siamo praticamente addentrati nel bosco da Via degli Scopeti, da lì si attraversa un noceto e si arriva a un certo punto a una radura dalla quale si dipartono due sentieri, uno a sinistra e uno dritto davanti a voi, che raggiungerete attraversando l'intera radura. Ovviamente ci sono molti altri posti per fare castagne, ma se non se ne conosce nessuno può essere difficile trovarne.
Addentrandoci nel bosco rimaniamo subito conquistati dai colori autunnali, una vera e propria tavolozza cromatica di rossi, arancioni, gialli, marroni e verdi di ogni sfumatura, accentuati dal riverbero dei raggi solari. All'ingresso del monumento nazionale della Caldara c'è una mappa con vari percorsi (oltre a un gabbiotto con uno dei custodi più simpatici che abbia mai conosciuto), sono alla portata di tutti, basta soltanto avere voglia di una bella passeggiata nella natura!
Il nostro nuovo amico Gaetano! |
Dopo un bel giro pomeridiano nel bosco, decidiamo di concludere la giornata in paese, che proprio quel fine settimana (16/17 ottobre 2010) ospitava nientepopodimeno che... La Sagra della Castagna (ma ovvio no)!!! Il piccolo centro storico ribolliva di attività, fra stand gastronomici di ogni tipo (locali, ma anche di varie regioni dell'Italia centrale e meridionale), bande di musica gitana, suonatori di musica folkloristica laziale e quant'altro non avremmo potuto chiedere una conclusione migliore per il nostro pomeriggio elettrizzante e da ripetere quanto prima possibile!!!
Qualche sito utile:
venerdì 10 settembre 2010
Castel di Tora e Lago del Turano, ovvero, quando a Ferragosto tutti fuggono verso il mare noi ce ne scappiamo al lago
Chi vive al mare, soprattutto sul litorale romano, che l’estate viene abitualmente preso d’assalto da un’orda di cavallette stressate e incattivite dalla vita in città, conosce bene quella sensazione di impotenza e frustrazione che si prova ogni maledetta Domenica estiva, quando è necessario ricorrere a ogni briciolo di pazienza che si ha in corpo per destreggiarsi nell’invasione di spiaggiari domenicali assatanati e pronti a tutto pur di conquistare il loro fazzoletto di arenile…
È quindi inutile soffermarsi troppo a sottolineare quanto il 15 Agosto sia una giornata temutissima da ogni abitante della zona… Che fare? L’unica soluzione per sottrarsi al delirio collettivo ferragostiano è fuggire a gambe levate dal litorale (mai così affollato in tempi di ferie come quest’anno, complice questa crisi che ha fatto restare praticamente tutti a casa)! È così che ci ritroviamo in macchina, diretti a Nord-Est della capitale, verso i monti, i boschi, i laghi e la tranquillità della Sabina… Sperando che siano in pochi ad avere la stessa idea! Imbocchiamo la spettacolare Strada dei parchi diretti verso Castel di Tora, piccolo borgo in provincia di Rieti che si affaccia sul Lago del Turano. Nessuno di noi vi era mai stato prima, la meta della gita era stata scelta a caso poiché avevamo scoperto che il paese era annoverato fra i Borghi più belli d’Italia e la cosa ci aveva incuriosito non poco…
Arrivando in paese si rimane estasiati dal colore verde/azzurro del Lago del Turano, un bacino artificiale creato negli anni ’30, circondato da boschi e montagne. L’acqua è pulita ed è un vero piacere tuffarsi per sfuggire alla canicola estiva, sulle sponde ci sono svariati pescatori, un anziano che fa fare il bagno nel lago al suo cavallo e un paio di barchette che vagano qua e là… Ci guardiamo con un sorriso a 32 denti stampato in faccia…
Non si vedono borgatari urlanti e molesti, né tanto meno figli di papà fighetti in preda a crisi isterica post viaggio in SUV, abbiamo scelto il posto giusto!!! La strada costeggia il lago in lungo e in largo, perciò è facile spostarsi da un punto all’altro se si vuole cambiare posto.
Non si vedono borgatari urlanti e molesti, né tanto meno figli di papà fighetti in preda a crisi isterica post viaggio in SUV, abbiamo scelto il posto giusto!!! La strada costeggia il lago in lungo e in largo, perciò è facile spostarsi da un punto all’altro se si vuole cambiare posto.
L’abitato di Castel di Tora si affaccia sulla sponda nord-orientale del lago e sembra un borgo immobile in un tempo remoto… Nelle impervie viuzze del centro la gente ha portato i tavoli in strada e festeggia il Ferragosto mangiando, bevendo e chiacchierando con i vicini di casa…
Si respira un’atmosfera rilassata e gioviale, da una parte ragazzini che corrono da una casa all’altra, da un vicolo all’altro, dall’altra i gruppi di vecchietti che assecondano lo scorrere del tempo seduti per la strada. Castel di Tora è piccolissimo, non più di una manciata di stradine, ma è come un diamante grezzo pronto a svelare la sua bellezza soltanto a chi si prenda la briga di andarla a cercare… La storia di Castel di Tora risale all’anno mille, per secoli l’abitato si chiamò Castelvecchio, il nome venne cambiato nel 1864 in onore del vicino antico insediamento preromano di Thora, ma gli abitanti continuano a tutt’oggi a chiamarsi Castelvecchiesi!
Si respira un’atmosfera rilassata e gioviale, da una parte ragazzini che corrono da una casa all’altra, da un vicolo all’altro, dall’altra i gruppi di vecchietti che assecondano lo scorrere del tempo seduti per la strada. Castel di Tora è piccolissimo, non più di una manciata di stradine, ma è come un diamante grezzo pronto a svelare la sua bellezza soltanto a chi si prenda la briga di andarla a cercare… La storia di Castel di Tora risale all’anno mille, per secoli l’abitato si chiamò Castelvecchio, il nome venne cambiato nel 1864 in onore del vicino antico insediamento preromano di Thora, ma gli abitanti continuano a tutt’oggi a chiamarsi Castelvecchiesi!
La creazione del Lago del Turano sommerse i terreni più fertili della valle, causando uno sconvolgimento che portò allo spopolamento dei borghi agricoli circostanti. Sebbene il territorio sia ancora in gran parte dedito a pastorizia e agricoltura, la creazione di itinerari turistici e la promozione di questi borghi ha portato a una crescita del turismo che, oltre a stimolare una diversificazione delle attività economiche, può forse arginare parzialmente l’emigrazione verso i centri urbani più grandi.
In ogni caso, si tratta di una parte del Lazio forse poco conosciuta, ma che ha tutte le carte in regola per competere con altri luoghi più blasonati, con in più quel tocco di autenticità che viene a mancare nei posti più sviluppati turisticamente.
Riferimenti su Internet
Comune di Castel di Tora
Lago del Turano e dintorni
In ogni caso, si tratta di una parte del Lazio forse poco conosciuta, ma che ha tutte le carte in regola per competere con altri luoghi più blasonati, con in più quel tocco di autenticità che viene a mancare nei posti più sviluppati turisticamente.
Riferimenti su Internet
Comune di Castel di Tora
Lago del Turano e dintorni
venerdì 13 agosto 2010
Tuscania, ovvero, cambiamento repentino di itinerario e artisti ubriachi in Piazza!
Un tranquillo pomeriggio di fine inverno ci venne l’idea di fare una gitarella fuori porta al di là dei confini regionali, in Toscana, per andare a conoscere il coloratissimo Parco dei Tarocchi… Al quale però non saremmo mai arrivati! La giornata era iniziata da subito con qualche contrattempo, in quanto la pigrizia di alcuni e la scarsa sicurezza alla guida di altri ci portarono a inscatolarci in cinque all’interno di una minuscola Twingo, in una specie di revival delle partenze per le vacanze estive anni ’60, con i figli del boom che si incastravano in specie di scatole di sardine, al tempo definite macchine, e percorrevano centinaia di chilometri in condizioni di viaggio paragonabili a quelle di un taxi collettivo pakistano dei giorni nostri!
La tragedia, già ampiamente preannunciata dalla presenza di nuvoloni grigi dall’aspetto poco rassicurante sulle montagne a Nord di Roma, inizia a consumarsi sull’A12, la Roma-Civitavecchia, quando la nostra vettura sovraffollata come un carro di bestiame viene investita da un violentissimo acquazzone all’altezza di Civitavecchia… Dibattiamo un po’ sul da farsi, vuoi per la scomodità del viaggio, vuoi per il tempo decisamente pessimo siamo tutti un po’ scoraggiati e avviliti… Nessuno ha più voglia di arrivare fino in Toscana, ma allo stesso tempo nessuno vuol darsi per vinto e ritornare mestamente verso la capitale… Che fare? Nell’incertezza generale usciamo dall’Autostrada e, procedendo per la via Aurelia, iniziamo a osservare attentamente i nomi di borghi e paeselli che ci scorrono davanti gli occhi… Optiamo quindi per un cambiamento di programma, sceglieremo un paesino a caso nei dintorni e che Dio ce la mandi buona! Inizialmente propendiamo per Tarquinia, ma eravamo fuori dall’orario di apertura della Necropoli etrusca, inoltre ci eravamo già stati più o meno tutti, quindi continuiamo a “sfrecciare” (si fa per dire, sarebbe meglio dire “arrancare” visto il peso non indifferente sostenuto dalla Twingo, che non è una macchina veloce già di suo, figuriamoci quando è sovraccarica). Imbocchiamo quinti la SP3, o Strada Tarquiniese, una bucolica strada che attraversa colline, campi coltivati e boschi, fino ad arrivare al borgo di Tuscania. Decidiamo di fermarci qui, colpiti dal nome, dall’isolamento del posto e dai bellissimi scorci offerti dalla via Tarquiniese!
Tuscania è un borgo sospeso nel tempo |
Parcheggiamo appena fuori dalle mura e ci addentriamo a piedi nella città vecchia, sotto un cielo plumbeo che non promette nulla di buono e un’occasionale pioggerella di qualche minuto. Il cambiamento di destinazione si rivela una giusta decisione… Riusciamo, infatti, a girare per i vicoli e le stradine di tutta la città vecchia senza che la pioggia ci dia troppo disturbo…
Varchiamo le antiche mura dalla Porta di Poggio, le nubi grigie contribuiscono a creare un’atmosfera cromatica speciale, quasi come se la città vecchia fosse sospesa al di là del tempo e dello spazio… Qualche piccolo elemento di modernità qua e là, una macchina, un segnale stradale, un lampione ci indicano che ci troviamo nel XXI secolo, ma perdendoci tra i curatissimi vicoli non credo che ci saremmo sorpresi più di tanto se avessimo visto qualche cavaliere svoltare da un angolo remoto!
Procediamo allegramente nella quiete del luogo, scoprendo la Chiesa di S. Marco, la Fontana di Montascide, per poi imboccare Via Cavour e Via del Rivellino, fino a raggiungere l’altra estremità del borgo, dove si trovano il Teatro Rivellino e la Fontana delle 7 cannelle. Sembra di essere in un paese delle favole, curatissimo nei minimi dettagli, pulitissimo e impeccabile… Evidentemente qui, al contrario del litorale, la gente è civile e ha cura di ciò che la circonda!!! Ma vabbè, la maleducazione e l’inciviltà di tanta gente meritano un discorso a parte, per il quale sarebbe inutile dilungarci vista la sua ingiustificabilità!
Proseguiamo costeggiando le mura e contemplando dall’alto il Complesso di S. Francesco e l’Antica via Clodia, la zona del Parco di Lavello è fra le mie preferite, con quei viottoli che si inerpicano lungo le mura, dai quali si gode un panorama mozzafiato, le immancabili vecchiette che chiacchierano sedute all’aperto e l’estrema attenzione alle decorazioni e al verde di case e stradine, adornate di piante e fiori.
L’inclemente clima ci concede giusto il tempo di un’altra passeggiata fino a Via XII Settembre, che ci porta a riattraversare diametralmente il borgo antico, passando per la Fontana di Poggio e il Duomo di San Giacomo, quando, mentre oziamo davanti al Palazzo della Meridiana, si scatena improvvisamente un diluvio inaspettato! Ci tuffiamo di corsa nel primo bar che incontriamo, per un aperitivo forzato all’aria aperta, ma sotto un tendone che ci ripari! La sosta si rivela divertentissima, al tavolo accanto facciamo la conoscenza del pittore/poeta locale Massimo Lippi, che, palesemente alticcio, ci introduce a due mecenati austriaci che avevano appena acquistato alcuni suoi lavori e con i quali stava festeggiando con laute libagioni a base di prosecco! Il Sor Massimo è attratto dai giovani, a quanto pare, e inizia da subito a chiacchierare con noi del più e del meno, saltando spesso di pane in frasca e facendoci trascorrere una piacevolissima oretta in allegria, al riparo sotto l’acquazzone, vigilati dallo sguardo truce della cameriera e da quello sgomento di un altro paio di avventori, evidentemente non oriundi del luogo, vista la fama e la reputazione del Sor Massimo in paese!
La Meridiana, uno dei nostri punti di riferimento |
Inizia a farsi tardi, purtroppo le giornate invernali non sono lunghe e deliziose come quelle estive… Il buio scende presto e, sebbene l’acquazzone abbia lasciato spazio a una pioggerellina leggera, ma insistente e fastidiosa, ci riavviamo alla macchina trotterellando soddisfatti dell’aver scoperto, quasi per puro caso, un luogo così affascinante e riposante… L’unico cruccio è il non aver potuto visitare la Necropoli etrusca, chiusa nel pomeriggio, ma forse è solo una scusa per potervi fare ritorno presto…
Come d’abitudine, qualche utile link di carattere storico/informativo su Tuscania:
(in questo ultimo articolo viene persino menzionato il nostro amico Massimo Lippi, che ha reso la nostra visita ancora più indimenticabile, grazie Sor Massimo!)
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martedì 10 agosto 2010
Galeria antica, ovvero, anche noi abbiamo le nostre città fantasma…
Scrivo questo post con un pensiero particolare per tutti coloro che amano in special modo le passeggiate in luoghi remoti e abbandonati, dove le testimonianze di una presenza umana, ormai passata da tempo immemore, vengono gradualmente ma inesorabilmente sopraffatte da una natura rigogliosa e lussureggiante, libera finalmente di svilupparsi senza vincoli e costrizioni…
L'arco di ingresso all'antico borgo, sito nella via etrusca di accesso. |
Non ci troviamo in qualche landa desolata del Far West, né tanto meno in uno scenario apocalittico di abbandono, bensì ad appena una trentina di chilometri da Roma, nelle vicinanze dell’insediamento di Santa Maria di Galeria. E’ da un sentiero come tanti, raggiungibile da Via S. Maria di Galeria, che la nostra avventura ha inizio…
Addentrandosi all’interno, infatti, si percorre una strada battuta, dapprima in buone condizioni (fino a qualche anno fa non c’era alcun cancello che ne bloccasse l’accesso in macchina dalla via principale), che a un certo punto si inoltra nel bosco mediante due sentieri paralleli, il primo, molto più bello, celato fra gli alberi e al fresco, l’altro, più largo, che un tempo fungeva da stradina di accesso per le macchine, quando ancora la strada di accesso era aperta. Entrambi i sentieri conducono a una piccola radura (l’ex parcheggio), dalla quale si dipanano due strade, la prima è l’antica via etrusca risalente a circa 3000 anni fa, che si inerpica sulla collina e sale fino al centro abitato. Si tratta della via di accesso principale, sulla quale si aprono due archi di ingresso alla città e dalla quale si accede a quello che fu un tempo il cuore, il centro, del borgo stesso e che, ora, ospita i resti degli edifici più alti e meglio conservati.
E' qui che hanno inizio gli edifici |
L’altro sentiero porta giù, verso la cascatella del fiume Arrone, che scorre ai margini dell’antico borgo, e consente di raggiungere la parte bassa dell’insediamento, nella quale resiste ancora il vecchio ponte sull’Arrone e da dove è possibile accedere a una varietà di abitazioni tardo-medioevali e cunicoli di più antica costruzione, su entrambe le sponde del fiume. Segnalo che questo secondo sentiero risulta quasi invisibile dalla radura di accesso, in quanto coperto da rovi, tuttavia la strada si riapre quanto più ci si avvicina al ponte e alle rovine. Nel nostro caso, pur essendo informati dell’esistenza di questo secondo sentiero, lo abbiamo individuato dopo essere scesi al fiume dalla parte alta della città.
Il luogo è molto suggestivo, Galeria è un antichissimo insediamento, si ritiene che risalga addirittura agli Etruschi, che lo battezzarono Careia. In epoca romana, fino al Rinascimento, fu teatro di alterne vicissitudini, dalle invasioni normanne e saracene alle dispute per il suo possesso fra le famiglie nobili della zona.
Si narra che ospitò persino l’imperatore Carlo V, ma che, a partire dal 1500, la città andò incontro a un lento ma inesorabile declino, aggravato dalla presenza della malaria che infestava l’Agro romano a partire dal 1700. Gli ultimi abitanti della città, ormai già ridotta in rovina, la abbandonarono nel 1809, per fondare l’insediamento di S. Maria di Galeria, circa 4km più a Nord e al riparo dalle esondazioni del fiume Arrone.
Foto a destra e in basso: il Campanile della Chiesa di Sant'Andrea, la Chiesa più importante di Galeria, consacrata nel 1204. Nel 1774 venne installato l'orologio di cui ancora oggi restano tracce, il quale fu spostato nella vicina S. Maria in Galeria nel 1822. Si tratta dell'edificio più alto della città, l'unico che emerge ancor oggi dal bosco, a indicare la presenza della città morta.
Da allora, la città morta è stata inghiottita da una fitta boscaglia e i suoi unici abitanti sono un’ampia varietà di piante e animali del bosco quali volpi, istrici, cinghiali…
Se, da una parte, lo stato di abbandono attribuisce al borgo un fascino unico, è altrettanto importante sottolineare che, se in un prossimo futuro non verranno intrapresi lavori di restauro o di tutela, gli edifici ancora in piedi continueranno inesorabilmente a sgretolarsi (complice l’instabile suolo tufaceo sul quale è eretta) e quest’incredibile testimonianza del nostro passato potrebbe andare irrimediabilmente perduta.
La piazza, centro urbanistico e sociale di Galeria, ospitava i principali servizi: il forno, la casa del ballo, la casa del Governatore, l'ingresso del Castello ed una Chiesa.
Oggi i ruderi sparsi nella fitta vegetazione, esprimono, oltre all'aspetto romantico delle rovine nel bosco, la compenetrazione tra elementi architettonici e aspetti naturalistici.
L'inscindibilità tra aspetti naturalistici ed i beni culturali dell'area determina l'esistenza stessa di un "biotopo rovina", nel quale è possibile osservare la monumentalità dei luoghi e la riappropriazione degli spazi da parte della natura. La particolarità del luogo, infatti, non risiede tanto nelle caratteristiche storico-artistiche del complesso architettonico quanto nell'armonia che si è realizzata nel legame tra architettura e paesaggio. Per questo Galeria è stata meta di molti artisti e viaggiatori dell'ottocento che con il disegno fissarono aspetti pittoreschi del complesso architettonico, oppure rappresentarono la spettacolarità della natura e del paesaggio.
Dell'antica Careiae, insediamento dalle probabili origini etrusche, rimane il vecchio tracciato viario che conduceva all'abitato, in alcuni punti, come questo, ricavato nelle formazioni vulcaniche incoerenti. Grazie a questa opera, tipicamente etrusca, è oggi possibile osservare le formazioni geologiche, rappresentate in quest'area dai prodotti vulcanici dell'apparato sabatino (lave, tufi litoidi e tufi stratificati incoerenti). Qui è umido quasi tutto l'anno e ciò permette la crescita di muschi e felci sulle pareti rocciose. |
Curiosità
Il fantasma “senz’affanni”
Un’antica leggenda del luogo narra la storia di un fantasma menestrello di nome “Senz’affanni”. Morto circa trecento anni fa, torna puntualmente ogni anno, tra le antiche mura di Galeria cantando e suonando per la sua amata donna in sella ad un bellissimo cavallo bianco. Ma la leggenda sembra aver preso vigore tra coloro che asseriscono di sentire il rumore di zoccoli e un suono simile ad un lamento che proviene dalla valle sottostante l’antico abitato. Le stesse persone asseriscono di averlo sentito specialmente in inverno durante le piene del Fiume Arrone. Chi non crede alla presenza del fantasma sostiene che il rumore che si ode, accompagnato da un sibilo simile ad un lamento, altro non è che lo scorrere impetuoso del Torrente Arrone sulle rocce nel punto in cui questo attraversa alcune cavità sotto il borgo.
La varietà di ambienti in un territorio cosi ristretto determina una composizione faunistica ricca e di pregevole interesse. |
Per maggiori informazioni di carattere storico, potete consultare questi siti:
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Benvenuti a bordo
Cimentarmi nell'idea di scrivere un blog è un qualcosa che mi ronza in testa da tempo, una specie di versione più tecnologica dei miei quaderni di appunti sui quali ho annotato per tanti anni impressioni, eventi e quant'altro mi passasse per la testa o succedesse nella mia vita... Purtroppo si tratta di una buona abitudine che ho pressoché abbandonato nel corso degli ultimi due anni, vuoi per la vita frenetica, vuoi per mancanza di stimoli... Ma ora ho deciso di rimediare!
Da buona viaggiatrice fai-da-te (no Alpitour e affini, grazie a Dio!), nonché fotografa dilettante, sono sempre alla ricerca di luoghi remoti, possibilmente poco frequentati da scoprire e apprezzare (temo di essere un po' asociale... La massa non fa per me...) . L'idea di un blog, o meglio, un "quaderno di viaggio" dove potessi pubblicare informazioni, foto e impressioni sui siti della mia regione, il Lazio, è nata a seguito dell'ultima gita alla città morta di Galeria antica, per la quale non sono disponibili molte informazioni online...
Nel Lazio esiste, infatti, una moltitudine di borghi, paesi e siti di interesse naturale poco battuti dai classici itinerari turistici, ma non per questo meno interessanti... Si tratta di luoghi facilmente visitabili in uno, o al massimo due giorni, pertanto questo blog potrebbe costituire un'occasione per un ulteriore arricchimento informativo e, perché no, una fonte di spunti per gite e/o uscite alla scoperta del nostro inestimabile patrimonio.
Da buona viaggiatrice fai-da-te (no Alpitour e affini, grazie a Dio!), nonché fotografa dilettante, sono sempre alla ricerca di luoghi remoti, possibilmente poco frequentati da scoprire e apprezzare (temo di essere un po' asociale... La massa non fa per me...) . L'idea di un blog, o meglio, un "quaderno di viaggio" dove potessi pubblicare informazioni, foto e impressioni sui siti della mia regione, il Lazio, è nata a seguito dell'ultima gita alla città morta di Galeria antica, per la quale non sono disponibili molte informazioni online...
Nel Lazio esiste, infatti, una moltitudine di borghi, paesi e siti di interesse naturale poco battuti dai classici itinerari turistici, ma non per questo meno interessanti... Si tratta di luoghi facilmente visitabili in uno, o al massimo due giorni, pertanto questo blog potrebbe costituire un'occasione per un ulteriore arricchimento informativo e, perché no, una fonte di spunti per gite e/o uscite alla scoperta del nostro inestimabile patrimonio.
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